“Gettarsi senza scudo sulla riga tagliente”
Intorno a Ingenuitas di Nanni Cagnone.

di Angelo Lumelli
   
Lumelli   1.
(gettarsi senza scudo
sulla riga tagliente)

Intendo prendere in parola quanto scrive Nanni Cagnone nel risvolto di copertina di Ingenuitas, poema del compianto e del linguaggio che si accorcia, come le Tristia degli antichi. Prendere in parola è gesto che mai si dovrebbe fare, per quanto, spesso, sia meglio di un’interpretazione.
L’antipatia che suscita questa pretesa di esigere ciò che è detto, vorrei fosse intesa, invece, quale predilezione per la parola data, al punto che non ciò che è detto importerà, bensì il gesto del porgere, lo stile del galantuomo, di cui si riconosce la bella voce.
Quindi, invece che per la trappola dell’interpretazione, ho deciso di optare per la trappola del senso fermo, quello che, mentre la trottola s’arresta, anch’esso sembra essere quello che è, la finta di una cosa.
Per quanto al senso fermo non creda nessuno, disposti noi medesimi a fare da trottola, c’è una ragione ex post, insita in questo libro, che sembra sostenere la possibilità di un’eccezione, una dispensa straordinaria mediante la quale la poesia, illegalmente, rischia di trovare ciò che cercava da sempre, quello “che si perde scrivendo”, come Nanni Cagnone sosteneva già dagli anni Settanta del Millenovecento (What’s Hecuba).
Ciò che viene ritrovato con l’atto della scrittura, sia lecito anticiparlo, non è quello perso di prima, né un trovatello se stesso, bensì una riduzione della distanza a quasi zero, così che anche la profondità si assottiglia a carta velina. Togliere profondità è togliere la più grande tentazione, ridiventando esseri inoppugnabili, abitanti della superficie.
Se “distanza è conoscere i due sensi della porta” (What’s Hecuba), con Ingenuitas Nanni Cagnone rinuncia a quel ventaglio tentatore, pretesto per l’infinito, e senza alibi si accomoda davanti alla porta chiusa.
Dunque Nanni Cagnone scrive: “Ingenuitas potrebbe essere – per così dire – il migliore dei miei libri, o per lo meno, l’unico che sia riuscito a sorprendermi”.
   
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