Da La genitiva terra | ||||||
works | Laude a minimi universi, insinuati respiri. Son loro le cellule le imprese — vedi, balugina un sorriso, donna mollemente il cui fianco sposta confini. Sapete, dal suolo non si cade. |
Appartato, anche tu, però tra quercia e quercia, respirando, e quel tuo gabbiano solenne sopra il mare. Qual è la misura, se dell’ardore d’un tempo stai imparando la reticenza? Il miele chiede ancora, severo come ogni piacere. |
Supponi vanitose le peonie (la solita manía d’imporre sentimenti). Impara, non far domande, innocenza invece, venerare, ché non c’è piú tempo, sei sul ciglio maggiore e non comprendi: non sono individuali, le tue ceneri. |
Senza merito accanto, reverente delicato il mio stupore, e non si dica ingenuo contemplarla — c’è oltre smania un fervore, un dissodare: terrestre qui donna con me, risolutezza ultima dei mondi. |
Onde, matrimonio del mio sonno, le voglio sul cuscino e intenderle perfettamente, addossate alle spiagge di Liguria — oh abito di malinconia, ricordo bene i crepuscoli, taciturne nudità dell’aria, scendiamo insieme nella stanza nuziale, nella notte. |
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