Su due libri di Nanni Cagnone
di Antonio Devicienti
   
Devicienti   I due più recenti libri di Nanni Cagnone – Tornare altrove e Corre alla sua sorte – sono luoghi di bellezza e di meditazione, di fecondo silenzio e di parola nel suo senso antico, nobile e netta, mai banale, mai impoverita, mai sciatta. Essi, oltre che un approdo, sono contemporaneamente (e in poesia questo è ben possibile) un tentativo di tornare a un luogo di cordiale bellezza e di libertà; una meditazione sulla vita che corre in avanti e sa sempre avvincerci, emozionarci, talvolta ci fa ribellare contro la stupidità, contro il brutto, contro la violenza della Storia.

Rispondendo a una lettrice che esprimeva la propria ammirazione per Tornare altrove (La Finestra Editrice, Lavis 2016) Nanni Cagnone, stupito, le chiedeva se non trovasse il libro in qualche modo già superato; ecco, probabilmente occorre partire anche da un episodio come questo per spiegare non solo l’indiscutibile valore letterario di Tornare altrove, ma l’energia vitale (e l’intendo alla lettera: della vita, derivante dalla vita) che attraversa questo libro dalla prima all’ultima pagina proiettandoci verso l’opera pubblicata successivamente e confermando una coerente linea di sviluppo e di ricerca. Esiste infatti qualcosa che chiamerò grazia e che riconosco passo dopo passo nel libro di Nanni Cagnone: grazia significa qui equilibrio tra contenuto e sua espressione, tra dominio perfetto della forma e naturalezza dello stile, tra ricerca del bello scrivere (non fine a sé stesso, però) ed esperienza di vita, tra atteggiamento nei confronti delle persone e delle cose e ritmo di scrittura; è la grazia, ormai rara, di chi vive i suoi giorni con gratitudine e aspettazione, con consapevolezza e immutata curiosità e lo scrivere in poesia è il naturale, direi addirittura ovvio sentiero da percorrere per riconoscere il mondo e in esso riconoscersi. Dico e ripeto grazia, e non intendo affatto un qualcosa che venga dall’esterno, concesso o donato all’autore, ma il risultato di una ricerca e di uno stile perfettamente consapevoli delle proprie possibilità e obiettivi; intendo cioè il raggiungimento d’uno stato della scrittura reso visibile in un succedersi di testi che, come la musica di Mozart e gli acquerelli degli anni ’50 e ’60 di Morandi, posseggono quella compiutezza che tutta s’offre alla contemplazione e all’ascolto.
Alle spalle di Tornare altrove c’è un’immane cultura e una profonda eperienza di vita; questo libro è come un frutto: dentro un frutto ci sono anche le radici e le stagioni e le linfe dell’albero, ma chi lo coglie gusta quel frutto, completo e maturo.
E se i 101 testi appaiono al loro autore già superati dalla propria successiva esperienza di vita-scrittura, noi lettori ci proviamo però a leggerli e rileggerli, conservandone l’aroma inimitabile e scegliendone qui solo alcuni in modo del tutto arbitrario, ché a una lettura successiva altri testi potrebbero essere presi in considerazione e a una terza altri ancora...
   
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